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La moda hippie e il Flower Power

La moda hippie

Janis Joplin at Spaulding Taylor's house in San Francisco

Se lo spirito degli hippie, del cosiddetto flower power, si è dissolto nel tempo tra revisioni ed edonismi (ed egoismi), quello che forse è stato più pervasivo è l’apporto del movimento alla moda e alla musica.

I giovani di quella generazione celebrarono e diffusero il trionfo dell’amore e della sperimentazione.

Nel quartiere bohémien d’Haight Ashbury a San Francisco, a New York e a Parigi, passando per Ibiza e Formentera, e l’India, la rottura con la logica borghese diventò controcultura pacifista.

La ricerca di nuovi modelli di vita alternativi adottò anche le pratiche e i credo delle religioni orientali e della meditazione, oltre alla sperimentazione di stadi diversi di coscienza che avviene tramite le droghe.

La ricerca dell’essenziale e della libertà in tutte le sue forme coinvolse anche il modo di vestire.

La moda

Gli hippie andarono in contrapposizione alla moda perbenista che aveva segnato la moda anni ’50 e dei primi anni ‘60: è una contromoda, assolutamente innovativa nelle forme, nei concetti, e nei materiali.

Lo stile diventa disordinato e comodo, rispecchia bene gli ideali di un’umanità libera che vuole poter cambiare il mondo con l'amore, e non con l'odio.

L’abbigliamento è spesso unisex, indossato indistintamente sia da uomini che da donne, scelta adottata per combattere la diversificazione di genere, ritenuta discriminante. 

 Le tuniche e i camicioni diventarono il capo iconico, adottati da tutti.

I vestiti erano coloratissimi, vivaci e sperimentali, arricchiti da dettagli psichedelici o floreali, quasi sempre realizzati con materiali naturali.

I pantaloni e i jeans sono passati alla storia: a partire dal taglio con la mitica forma a zampa di elefante che si accompagnava alla vita bassa sino agli hot pants cortissimi e super aderenti, simbolo della liberazione sessuale femminile.

Le gonne o erano mini, come quelle lanciate da Mary Quant a Londra a metà degli anni ’60, o ampie e lunghe, realizzate in materiali naturali e con stampe vivaci, spesso di ispirazione orientale come il paisley. L’ispirazione è data dalle culture nomadi.

Piume, cuoio e camoscio, accessori con perline erano i materiali che rendevano omaggio ai nativi americani in una rivisitazione totale più giusta e corretta della storia della conquista del west.  

Le t-shirt e le camicie si tinsero di fantasie coloratissime, con motivi a fiori o paisley, a questo si aggiunsero i crop top, i pocho, le frange, i gilet da indossare sopra d altri capi oppure a “petto nudo”: tutto diventò parte caratterizzante di un’estetica innovativa.

Gli accessori preferiti erano i cappelli a tesa larga, bandane attorno la testa e lunghe collane d perline, coroncine di fiori, gli immensi occhiali tondi con lenti colorate, grandi cinture, bracciali e orecchini di ispirazione etnica.

Nella ricerca di una vita meno strutturata e industrializzata, viene adottato il DIY (Do It Yourself) che fa emergere i capi tinti con la tecnica tie-dye, fatti a mano a maglia e all’uncinetto.

Il look

Le ragazze portavano i capelli lunghi, lisci, lasciati naturali, raccolti in trecce. Nulla di più lontano delle pettinature rigide e cotonate degli anni '50 e dell'inizio degli anni '60.

La banda attorno ai capelli, le coroncine di fiori erano gli ornamenti delle figlie dei fiori.

Anche per gli uomini capelli lunghi, anzi lunghissimi, e spesso barba incolta.

Per agli afro americani è il momento di liberare i capelli dalle costrizioni delle pieghe, per lasciarl liberi.

La pettinatura divenne in un certo senso un atto politico, una sfida alle convenzioni. Da Jimi Hendrix a Donna Summer la pettinatura "afro" divenne il simbolo di una presa di coscienza identitaria da parte della comunità afro americana.

Il trucco eran minimo, naturale, in genere le ragazze si mostravano prevalentemente struccate, più raramente sceglievano di utilizzare un filo di trucco.

Moda hippie e haute couture: la strana influenza
Yves Saint Laurent primavera estate 1967

Yves Saint Laurent e gli altri

Il movimento contagia anche gli stilisti e Yves Saint Laurent nel 1968 presenta un look basato su pantaloni cortissimi che erano ritenuti scandalosi.

Saint Laurent decora i suoi vestiti con conchiglie e perline, conferisce un tocco esotico rivoluzionando alla seriosa haute couture. Fu uno dei primi a creare uno stile etnico “ritorno alla natura”. 

Oltre a Saint Laurent, Diane Von Furstenberg, Stephen Burrows, Bill Gibb.

Il ritorno della moda hippie (chic)

Negli ultimi anni c’è stato fashion designer hanno riproposto alcuni elementi tipici della moda hippie:, c’è un tripudio di pantaloni a zampa, stampe fiorite e gilet con frange. 

Tantissime collezioni sono declinate anche con il sapore degli anni ’70, con un una lettura decontestualizzata a livello politico ma con il comune denominatore della libertà del vestire e del mostrare il corpo.

Dai brand più esclusivi al fast-fashion ai grandi marchi, tutti hanno proposto capi e stanno proponendo capi con qualche ispirazione hippie.

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